Il vento è un dio pagano per i ciclisti: più della strada che la si conosce dalle altimetrie e dai sopralluoghi, più della fatica che la si pesa nell’intimo di ogni corridore. Il vento è colui che può, sempre e comunque. Può soffiarti in faccia e renderti la strada come una salita, può spingerti alle spalle e farti cavalcare le sue onde. E può soffiare laterale e fare le bizze: s’insinua violento tra le ruote, tra esili corpi, filtra attraverso telai in carbonio e spacca il gruppo. Gruppo che dall’alto sembra una massa informe e in continua evoluzione, che a volte diventa una pallottola impenetrabile. Ma altre volte, quando si allunga e si sfibra diventa preda di Eolo, che lo riduce in mille brandelli.
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